Il principe
di Roy Court morì prima di suo padre. Durante una battuta di caccia fu
raggiunto da una gragnuola di piombo dello schioppo del Re di Roy Court che
pure morì svariati anni dopo di qualcosa che oggi si chiama tubercolosi. Il
principino di Roy Court, orfano di padre, morì che neanche era nato, o se
preferite, nacque già morto. Così si estinse la dinastia dei Roy.
Un paio di
secoli dopo Roy Court, a Londra in una strada dal nome irrilevante, un tale che
un tempo aveva avuto un cane di nome Roy, si faceva l’ultima endovena di eroina
della sua vita senza sapere che sarebbe stata l’ultima endovena di eroina della
sua vita. Morì senza vedere il Nottingham Forest vincere la Coppa Campioni.
Josè Carlos Nendieda
Gardel, un ragazzino messicano di otto anni, proprio non voleva morire ma si
arrese al cancro che lo costrinse su letti di quattro diversi ospedali per un
arco di tempo di circa un anno e mezzo durante il quale imparò a memoria i
primi tre atti dell’Amleto di Shakespeare. Quante cose sarebbero cambiate se
solo il cancro gli avesse dato più tempo per imparare l’intera tragedia!
Su una
qualche sperduta rupe, con calma e in silenzio, morì discretamente un eremita
dalla lunga barba bianca e la veste logora - proprio come è nell’immaginario
collettivo – e fu un vero dramma per il minuscolo universo nel quale viveva: di
certo le sterpaglie secche non avrebbero trovato più il peso del suo piede ogni
mattina ne l’aquila altissima in cielo avrebbe più scovato la sua minuscola
figura muoversi cautamente per quelle lande.
Allen
Taubermann, prigioniero ebreo nel campo di sterminio di Majdanek, in Polonia,
morì prima del previsto. In anticipo rispetto a tutti gli altri prigionieri,
venne prelevato dalla fila dove camminava e condotto in un capannone del campo
da due militari tedeschi e un altro giovane che non aveva la faccia da tedesco.
Uno dei due tedeschi disse qualcosa al giovane che, tremante, alzò la mano e
sparo ad Allen Taubermann.
Jacques
DeBouville, malfattore medioevale, si beccò la pena che meritava. Morì
impiccato nella polverosa piazza del polveroso paesino di Souréé di una
polverosa regione della Francia meridionale per motivi per i quali un migliaio
di anni dopo non sarebbe stato certo impiccato, al massimo avrebbe dovuto
pagare un avvocato per il divorzio; di fatto si coricò con una donna che non
era sua moglie. Il suo corpo penzolante fu oggetto degli sguardi incuriositi di
almeno sette persone, e nessuno dei presenti seppe mai che in un'altra epoca
per la colpa commessa non era prevista l’impiccagione, quindi tutti reputarono
opportuna la pena.
Fabrizio, un
uomo che stava per diventare padre, guidava nella notte per raggiungere
l’ospedale dove la moglie ricoverata stava per partorire. Un’auto che sfrecciava
a velocità smodata non si fermò ad un incrocio e colpì in pieno il veicolo di Fabrizio.
Fabrizio morì sul colpo; la moglie di Fabrizio, sola in sala parto, venne a
sapere che il marito era morto solo dopo aver dato alla luce il figlio Nicola,
al quale cambiò il nome in quello del suo defunto padre.
Yazid,
schiavo dell’imponente Impero Egizio morì schiacciato da una colonna di
travertino che precipitò giù dalla volta di un palazzo in costruzione. Altri
tre schiavi senza nome raccolsero il suo corpo scomposto e lo gettarono da
parte in una fossa, poi lo rimpiazzarono con Yasuc. Yasuc, anch’egli schiavo
dell’imponente Impero Egizio, non morì quel giorno né i restanti giorni al
cantiere, poi, all’età di cinquantacinque anni morì anche lui, ma di morte
naturale per quanto potesse essere naturale all’epoca morire a cinquantacinque
anni.
Ivan
Rizikunov, tenente dell’Armata Russa in servizio durante la seconda guerra
mondiale, la mattina del 3 gennaio 1944 si rinchiuse nella latrina del campo di
sterminio polacco di Majdanek, e si sparò un colpo in testa con la sua Nagant
M1985 per aver ucciso un ebreo come prova di fedeltà per l’adesione al Regime
Nazista.
Il Duca di
Granzwald morì il quindici agosto 1889 all’età di cento trentuno anni, durante
una partita a golf colpito accidentalmente alle tempie dalla mazza del giovane
Hans, il figlio del figlio del figlio del figlio al quale stava insegnando a
colpire la pallina per un colpo lungo.
Il grasso
corpo del Duca si accasciò a terra di colpo e a nulla valsero i leggeri
colpetti di mazza del pro pro pro pro nipote incuriosito come al cospetto di
una lucertola morta. Ci si chiede quanto ancora volesse vivere il Duca, se solo
non fosse accaduto l’increscioso incidente.
Un ragazzo
di ventuno anni dopo essere stato in un locale notturno e aver bevuto dei superalcolici
si mise alla guida. Riflessi e controllo erano inibiti e ad un incrocio non si
fermò impattando un’altra auto che aveva la precedenza; l’uomo nell’auto morì
sul colpo, il ragazzo ne uscì illeso. Un mese dopo, in quello stesso locale, il
ragazzo contrasse il virus dell’HIV dopo un rapporto occasionale; mori al
policlinico di Milano dopo il fallimento della terapia svariati mesi dopo.
Alvin
McAvoy, attore teatrale, si spense sul palco del Royal Dubois Theatre per un
infarto cardiaco. Piombò a terra con un tonfo sordo proprio alla fine del terzo
atto dell’Amleto di Shakespeare e per almeno tre minuti buoni nessuno fra il
pubblico o il resto del corpo teatrale si rese conto dell’infausto evento,
piuttosto ipotizzavano una eccessiva enfasi nell’interpretazione da parte del
primo attore. Quella sera, a causa del suo decesso, fu cancellata la successiva
esecuzione del tango “Por Una Cabeza” di Carlos Gardel da parte dell’orchestra
del teatro.
Marcello D'Onofrio
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