[...] Immediatamente fuori la
porta della cabina telefonica c'erano due strade, in quella di sinistra
passeggiavano con noncuranza conigli - uno di loro si levò il cilindro per
salutarmi - l'altra invece, in salita, era pavimentata di mattoni rossi fra le
cui scanalature colavano rigagnoli di una strana gelatina blu, inoltre emanava
un forte sentore di inchiostro.
Mi
piaceva l’odore ma il mio corpo si era già piegato in un
inchino riverente per rispondere al saluto del coniglio. Era un bellissimo
coniglio bianco, pelo morbido e liscio, cilindro lucido, bastone da passeggio
in ebano e ci scommetto che nel taschino del panciotto portava un orologio
luccicante. Inutile chiedersi quale fosse stata la mia ultima lettura.
Mi
fece cenno di raggiungerlo, ma gli chiesi di pazientare un poco, volevo
assolutamente scoprire di cosa si trattava quella gelatina blu che nel
frattempo era colata quasi fino ai miei piedi nonostante la pendenza in salita
della strada. Mi inginocchiai e infilai indice e medio fra il mattonato e
raccolsi un po’ di quella gelatina. Era
fredda e scivolava via dalle dita senza lasciarle bagnate, ma solo fredde e
pallide; la portai alla bocca, non c’era bisogno di masticare e ingoiai quasi subito.
Aveva comunque un sapore che avrei definito a metà fra l’inchiostro e la crema
di more, mi si intorpidì un poco la lingua e, cacciandola fuori in tutta la sua
lunghezza, mi accorsi che si era fatta anche quella appena bianca. Anemica.
Nel
frattempo si erano voltati a guardarmi tutti i personaggi di quel posto, non me
ne curai più di tanto e soddisfatto presi la via di sinistra.
Il
coniglio si era spazientito per il mio contrattempo ma questo mi giovò il fatto
di confermare che effettivamente nel taschino del panciotto aveva un orologio,
perché adesso controllava con fare nervoso lo scorrere dei secondi nel piccolo
e lucente segnatempo.
“Ad
essere gentili ci si rimette sempre! In ogni caso!”
Mi
disse appena lo raggiunsi.
“Mi
sc…..”
Tentai di rispondere ma mi accorsi solo allora
di un fatto strano. La lingua si era allungata a dismisura nella bocca ed
occupava quasi tutto lo spazio non riuscendo ad articolare nessuna parola. Mi
sforzai a parlare ma il risultato fu una sorta di piccola esplosione di bava,
una pernacchia e la lingua che si srotolava fuori dalle labbra per circa sei o sette centimetri oltre il consentito.
“Ah!
E ad essere troppo curiosi ci si rimette sempre!”
Fu
il commento del coniglio alla mia lingua. [...]
Marcello D'Onofrio -estratto-
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