<<La
notte, i passi, i capelli incollati, la strada, i lampioni e la loro luce fioca
nella foschia. Tutto unito nel gioco effimero dell'"attimo", dove
tutto è possibile, dove il vento fumerà la sigarette tenute fra dita poco
accorte, e gli occhi indugeranno oltre la stazione.
E
mi unisco a loro, anime della notte, nell’eterno vagabondare in questo mondo,
fra questi visi nemici e bisognosi che incoscienti implorano pietà. E’ loro il
mondo, nelle loro mani sporche ed incallite, nelle unghia nere e nei loro
pensieri scostanti, il mondo è nella loro sconfitta che si riflette, al fianco
della luna, nell’acqua grigia dell’ansa cittadina del fiume. E quei notevoli signori, vestiti di borghesia che passeggiano nei viali alberati, che ne sanno loro di questa poesia?
Che
ne sanno dello stridio del vagone sulla rotaia arrugginita, che rompe la notte
con la cruenza d’una lama? Hanno forse veduto i gabbiani che stendono le ali
bianche sul velo nero della notte sorvolando i ponti? Hanno goduto dell’odore
acre della pioggia, e dell’umido sull’asfalto che riposa nelle ore di quiete?
Hanno
forse loro assistito al bacio del sole che ogni mattino rinnova al mondo
nell’alba, cogliendo col rosa e il bianco tenue, il contrasto delle statue e
dei marmi dormienti sulle balaustre?
Forse, forse non è adatto al mondo quell'invisibile sprazzo d'emozione che vive nell'anfratto desolato dell'anima, fra le pareti coperte d'arazzi lacerati e sbiaditi, dove il rumore è soffocato e la luce soffusa. Forse va tenuto celato, forse va privato al mondo spietato il potersi affacciare tremanti e cauti fra le tavole di legno antico, a scrutare quella bellezza unica, eppure incapaci di capirla.>>
Marcello D'Onofrio
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