lunedì 30 luglio 2012

Padroni di noi stessi?

Sono davvero padrone di me stesso?
La domanda mi aveva assillato quotidianamente in passato, ed ora che la mia vita romana godeva di una certa libertà, mi sentivo ancora più legato da invisibili filamenti che mi trattenevano. Non mi facevano sentire padrone di me. Di mercoledì mi trovavo su un autobus, ed osservavo attentamente i movimenti di una anziana signora decisamente incerta sul da farsi, mentre il mezzo si apprestava ad accostarsi al marciapiede per la fermata. Diversi studendi entrarono, la signora ancora incerta, tentennava sulla soglia. Io continuavo ad osservarla, ero così curioso sull'esito di quello strano momento che stava vivendo la donna, quando quella mi rivolse la parola con la domanda più assurda che mi era stata fatta fino a quel momento: "Devo salire o devo scendere?"
La mia mente mi stupì per la prontezza e per la lucidità con la quale rispose, nonstante la domanda fosse fuorviante; risposi quindi con calma: "Dal momento che sull'autobus ci è già, suppongo che lei debba scendere". La signora prese per buona la mia risposta e scese dall'autobus, sempre animata da quella spaesatezza che la conraddistingueva. Spero di non aver fatto troppo danno a consigliarle di scendere a quella fermata, ma daltronde, più in su di come era, non poteva salire ( su un altro immaginario autobus).
In questo frangente la mia mente e la sua capacità di reazione era stata eccessiva, calma e ponderata, oltre le mie aspettative. Si comportò diversamente invece di venerdì, sullo stesso autobus, quando ero intento ad osservare la forma della testa calva di un uomo sulla trentina, di spalle. Aveva un cranio decisamente fuori dal comune, bozzuto ai lati e leggermente a punta sulla sommità, con la tipica piega di pelle che si forma appena sopra il collo, sotto la nuca. Dovevo toccarlo. Era un istinto che si impadroniva di me, e non potevo farne a meno; sentivo il bisogno diffondersi nel palmo della mano, e gia sul polpastrello pregustavo il contatto molle e un po' ispido per via dei capelli che stavano crescendo sulla cute. Dunque lo toccai: il mio corpo cedette di schianto alla tentazione di quella folle idea. Ed ancora una volta rimasi stupido dallo scarso controllo che avevo di me stesso. Seguì un lungo sguardo, faccia a faccia con il pelato, ma sapevo che a sconvolgermi non era tanto dover motivare il mio tocco, ma piuttosto quella sensazione di impotenza ed inquietudine che provavo nei confronti di me stesso.
"Non ci siamo, ci deve essere un modo per avere autorità su me stesso" Pensai....o forse lo dissi?!?

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