lunedì 6 ottobre 2014

Inverno


Ho finito tutto l'amore che avevo saggiamente messo da parte nei giorni nei quali mi traboccava fuori dalle tasche; avidamente stipato quando ne avevo abbastanza da esserne ubriaco per giornate intere.
S'è fatto improvvisamente scuro e freddo, mi sono strofinato le mani e ho cercato invano, ho controllato anche nella piccola tasca interna della giacca da poeta che usavo negli inverni a Roma, ma niente.
Ci sarà dunque uno svolazzare di draghi qua intorno e giornate ventose e un mare verde con certe onde spaventosamente belle e mattine che mi sveglierò e sara tutto cosparso di foglie gialle.
Ho intravisto il sole un paio di volte e ho assistito alle veglie delle nuove generazioni che raccontavano le loro storie assurde - facevano a gara a chi avesse sofferto di più - e poi si consolavano teneramente abbracciandosi in silenzio o facendo l'amore per ore in uno slancio empatico che potesse accomunarli in qualche modo: erano tutti piccole anime abbandonate.  
Ho frugato ancora in quella stessa piccola tasca interna con l'ostinazione e l'illusione che qualcosa di assurdamente bello fosse accaduto, e mentre pregavo in silenzio la mia gratitudine a Dio, mi è stato chiesto di uscire perché il custode avrebbe chiuso il grande portone a breve - avrei preferito chiedere di esservi chiuso dentro - ma la vita è fuori, mi è stato detto, e sono tornato a casa grondante. Vediamo per quanto andrò avanti senza. 

Marcello D'Onofrio

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