lunedì 31 marzo 2014

Una attesa alle Poste

Ecco una cosa che non mi mancherà affatto, pensavo mentre entravo alle Poste.
Erano lì, erano una decina, i martiri delle Poste Italiane e presto sarei stato anche io parte della loro attesa perché si sa, alle Poste si attende, nulla più.
Chi si gira i pollici - un tizio con una enorme pancia-melone che stira un maglioncino grigio -, chi si sventaglia - una signora, la classica signora italiana sui sessanta con i capelli cotonati, il vestito intero nero a fiori o a fantasia e le dita grassocce con lo smalto viola: ce ne sono ovunque e alle poste ce ne sono due ogni dieci persone - , chi diteggia distrattamente con il suo tablet - un ragazzo sui trenta la cui faccia dice che è seduto lì da non meno di quaranta minuti -,  chi guarda istupidita i vetri degli sportelli delle Poste oltre i quali nessuno s'azzarda a servire i clienti -  una vecchia che avrà almeno centocinquant'anni, beata lei! -, nemmeno si renderà conto di dove sia ne quanto abbia ancora da attendere; chi passeggia nervosamente avanti e indietro borbottando improperi contro le Poste  e, già che c'e anche contro Trenitalia, ATAC e qualsivoglia compagnia statale al "servizio" dei cittadini - io -.
Il tempo passa, nessun impiegato si azzarda a fare il suo lavoro e il mio bigliettino stampato dalla macchina preposta dice che il mio numero è il centoquarantotto, sul pannello luminoso è segnato il novantasei e, come ho già detto, in attesa ci sono poco più di dieci persone: qualcosa non quadra; poi però capisco: noi dieci siamo i superstiti, quelli che, dopo una mezz'ora o di più siamo ancora lì a sperare. 
Personalmente ho una teoria sull'attesa e mi prenderò la briga di spiegarla, tanto di tempo ne ho.
"L'attesa va portata a termine dal momento che ti prende un tempo superiore a quello che avresti potuto impiegare per tornare a casa." Il che significa che più aspetti e più vale la pena di restare ad aspettare perché se andassi via che so, dopo mezz'ora, avresti solo buttato mezzora senza risolvere il problema per il quale eri in attesa. Tanto vale buttare un'ora ma riuscire vincitore (cosa comunque difficile, alle poste).
Dunque attendevo, allo scattare dell'ora di attesa iniziai a borbottare in inglese, era chiaro che iniziavo a perdere la lucidità, la sventagliatrice aveva smesso di sventagliare e se ne stava come un tricheco sulla sedia rigida, il signore panciuto pareva essersi assopito con le mani appoggiate sulla sua stessa pancia, il ragazzo guardava fisso nel vuoto con occhi senza vita, le vecchia istupidita pareva essere ancora più vecchia e istupidita, e dall'altra parte degli sportelli gli impiegati facevano tutto fuorché fare il loro lavoro lanciandosi nelle attività più disparate e assurde che vanno dalla pausa caffè - uscito dalle macchine per caffè a cialde che tengono negli armadi insieme ai faldoni - al far fare alle stampanti quei rumori da stampanti per dare una parvenza di lavoro.
Ad un certo punto venne il turno della vecchia istupidita e stranamente c'era un operatore dietro il vetro ad attenderla, neanche a farlo apposta la vecchia non distingue il vetro con dietro l'impiegato dal vetro senza impiegato e sosta senza profitto davanti a quello sbagliato, il n.3., poi dice ad alta voce che "vuole i soldi".
L'impiegato è un ragazzo che si è integrato perfettamente con l'insolenza dei suoi colleghi più anziani e con una faccia di bronzo chiede alla signora il suo libretto postale, inutile dire che quella - sempre parlando al vetro dello sportello n.3 e non al ragazzo al n.2 - inveisce ancora che vuole i soldi.
Al che il ragazzo le chiede quanto vuole e lei ribatte sicura:
< Un milione! > 
Questa storia finisce con la vecchia che dopo le sue strambe richieste ritira qualcosa come mille euro e resta con il gruzzolo in mano a sorridere al vetro n.3 senza operatore, e con me che faccio gesti di morte e di apocalisse con la mano destra finché non vengo servito e con strabiliante stupore dei presenti esco trionfante dalle poste dopo una attesa che si aggira intorno all'ora e trentacinque (che è record nazionale per la categoria "pagamento di un bollettino").
Ecco una cosa che non mi mancherà affatto, pensavo mentre uscivo dalle Poste.


Marcello D'Onofrio


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